EDOARDO E LA FAMIGLIA CALANDRA
Francesco Calandra, il nonno di Edoardo, acquistò, agli inizi dell’800, quella bella casa di Murello, decorata come un tartan scozzese, ancora oggi conosciuta come Casa Calandra. Quei luoghi e quelle terre dovettero esercitare un’attrattiva particolare, perchè la famiglia, appartenente all’alta borghesia torinese, vi restò molto legata per generazioni.
I tre fratelli Edoardo, Davide e Dina, dopo la prematura scomparsa della madre, trascorsero la loro vita con il padre Claudio, tra la casa di città a Torino e la casa di campagna a Murello.
Claudio Calandra, avvocato, ingegnere idraulico e archeologo ricoprì per anni la carica di Sindaco di Murello e quella di vice-presidente della Provincia di Cuneo; i figli Edoardo e Davide, il primo pittore e scrittore, il secondo scultore, sono state figure di spicco del Piemonte di fine ottocento e hanno lasciato importanti tracce nel panorama culturale piemontese e italiano.
Edoardo inizialmente si dedicò alla pittura, ma trovò la sua massima espressione nella scrittura, frequentando anche autori illustri come De Amicis, Giacosa, Camerana, Boito, Praga, Verga e altri.
Il suo maggior romanzo fu appunto La Bufera, al quale dedicò circa sei anni di lavoro e che fu pubblicato la prima volta nel 1898, riscuotendo un grande successo. La Bufera è considerato, oltre che il suo capolavoro personale, anche un romanzo di notevole rilevanza storica, secondo solamente a I promessi sposi. Quello che presenta è un quadro sorprendentemente dettagliato delle vicende storiche del Piemonte durante la prima occupazione francese, tra il 1797 e il 1799. Fu una composizione non facile: le parti storiche gli richiesero molte ed accurate ricerche, consultazioni di libri e documenti d’archivio.
Tra le tante cose, ciò che rende questo romanzo molto interessante è che i fatti narrati avvengono prevalentemente a Murello e dintorni, nei luoghi in cui Edoardo faceva lunghi soggiorni e che utilizzò spesso come ambientazione, più o meno esplicita, per i suoi romanzi e racconti. Nel caso de La Bufera, i riferimenti non sono velati come in altri lavori, ma palesi. “Edoardo, scrivendo quel romanzo, che è il poema della sua terra, aveva sotto gli occhi una carta topografica dell’anno 1842 e così ogni strada, sentiero, corso d’acqua, cascinale, villa e castello, ricordati o descritti nel romanzo, corrispondono alla realtà.”
(Cit. Da Vita e opere di Edoardo Calandra, M. Lanzillotta, ed. Dell’Orso)
Edoardo era uno scrittore molto pignolo e, quando descriveva un tratto di paese o un lembo di campagna, visitava più volte la località, prendendo appunti sul suo taccuino. A casa stendeva la descrizione e successivamente tornava sul luogo con la moglie che doveva controllare se la descrizione era fedele. Il suo scrupolo per la verità era estremo, voleva che i suoi “paesaggi” si vedessero come fossero stati bozzetti dal vero; per questo motivo chi conosce i luoghi dove si svolgono i fatti dei suoi romanzi e delle sue novelle, li riconosce perfettamente leggendo le sue opere.
Inoltre non sono in molti a sapere che diversi episodi del romanzo fanno parte delle tradizioni di famiglia, trasmesse da nonni, servitori e amici, oppure sono racconti e leggende di Murello apprese dagli anziani del paese e che i personaggi sono stati presi quasi tutti dalla realtà, con ritratti, a volte grotteschi, di persone che facevano parte della sua vita.
Il 25 ottobre 1911, Edoardo lascerà Murello per non farvi più ritorno. Il 28 ottobre infatti, chiuderà gli occhi come per dormire, tra le braccia della moglie e del figlio. Come sua volontà più volte espressa sarà sepolto a Murello, il luogo da lui più amato.
Edoardo Calandra con la sua opera è oggi al centro di studi che ne stanno valorizzando e rivalutando la figura, inserendolo fra i maggiori autori italiani di fine ottocento.
“Edoardo non si sognò mai di descrivere altro paese che il suo, cioè Torino, le terre attigue verso Saluzzo e Cuneo e in modo particolare Murello e dintorni.”
(Cit. Da Vita e opere di Edoardo Calandra, M. Lanzillotta, ed. Dell’Orso)
I tre fratelli Edoardo, Davide e Dina, dopo la prematura scomparsa della madre, trascorsero la loro vita con il padre Claudio, tra la casa di città a Torino e la casa di campagna a Murello.
Claudio Calandra, avvocato, ingegnere idraulico e archeologo ricoprì per anni la carica di Sindaco di Murello e quella di vice-presidente della Provincia di Cuneo; i figli Edoardo e Davide, il primo pittore e scrittore, il secondo scultore, sono state figure di spicco del Piemonte di fine ottocento e hanno lasciato importanti tracce nel panorama culturale piemontese e italiano.
Edoardo inizialmente si dedicò alla pittura, ma trovò la sua massima espressione nella scrittura, frequentando anche autori illustri come De Amicis, Giacosa, Camerana, Boito, Praga, Verga e altri.
Il suo maggior romanzo fu appunto La Bufera, al quale dedicò circa sei anni di lavoro e che fu pubblicato la prima volta nel 1898, riscuotendo un grande successo. La Bufera è considerato, oltre che il suo capolavoro personale, anche un romanzo di notevole rilevanza storica, secondo solamente a I promessi sposi. Quello che presenta è un quadro sorprendentemente dettagliato delle vicende storiche del Piemonte durante la prima occupazione francese, tra il 1797 e il 1799. Fu una composizione non facile: le parti storiche gli richiesero molte ed accurate ricerche, consultazioni di libri e documenti d’archivio.
Tra le tante cose, ciò che rende questo romanzo molto interessante è che i fatti narrati avvengono prevalentemente a Murello e dintorni, nei luoghi in cui Edoardo faceva lunghi soggiorni e che utilizzò spesso come ambientazione, più o meno esplicita, per i suoi romanzi e racconti. Nel caso de La Bufera, i riferimenti non sono velati come in altri lavori, ma palesi. “Edoardo, scrivendo quel romanzo, che è il poema della sua terra, aveva sotto gli occhi una carta topografica dell’anno 1842 e così ogni strada, sentiero, corso d’acqua, cascinale, villa e castello, ricordati o descritti nel romanzo, corrispondono alla realtà.”
(Cit. Da Vita e opere di Edoardo Calandra, M. Lanzillotta, ed. Dell’Orso)
Edoardo era uno scrittore molto pignolo e, quando descriveva un tratto di paese o un lembo di campagna, visitava più volte la località, prendendo appunti sul suo taccuino. A casa stendeva la descrizione e successivamente tornava sul luogo con la moglie che doveva controllare se la descrizione era fedele. Il suo scrupolo per la verità era estremo, voleva che i suoi “paesaggi” si vedessero come fossero stati bozzetti dal vero; per questo motivo chi conosce i luoghi dove si svolgono i fatti dei suoi romanzi e delle sue novelle, li riconosce perfettamente leggendo le sue opere.
Inoltre non sono in molti a sapere che diversi episodi del romanzo fanno parte delle tradizioni di famiglia, trasmesse da nonni, servitori e amici, oppure sono racconti e leggende di Murello apprese dagli anziani del paese e che i personaggi sono stati presi quasi tutti dalla realtà, con ritratti, a volte grotteschi, di persone che facevano parte della sua vita.
Il 25 ottobre 1911, Edoardo lascerà Murello per non farvi più ritorno. Il 28 ottobre infatti, chiuderà gli occhi come per dormire, tra le braccia della moglie e del figlio. Come sua volontà più volte espressa sarà sepolto a Murello, il luogo da lui più amato.
Edoardo Calandra con la sua opera è oggi al centro di studi che ne stanno valorizzando e rivalutando la figura, inserendolo fra i maggiori autori italiani di fine ottocento.
“Edoardo non si sognò mai di descrivere altro paese che il suo, cioè Torino, le terre attigue verso Saluzzo e Cuneo e in modo particolare Murello e dintorni.”
(Cit. Da Vita e opere di Edoardo Calandra, M. Lanzillotta, ed. Dell’Orso)